Questa è la traduzione dell’intervista che il sensei Yoichi Takahashi ha concesso a Diario AS, nel dicembre 2017

Yoichi Takahashi solitamente non rilascia interviste. Con nostro grande piacere, ha accettato di parlare con Diario AS e ci ha invitati a casa sua.

Hungry Heart

Yoichi Takahashi solitamente non rilascia interviste. Noi di Diario AS siamo stati perciò particolarmente felici e onorati quando l’illustratore e mangaka giapponese ha accettato di parlare con noi tra le mura di casa sua.

Che cosa significa il manga per Lei?

Ormai da tanto tempo è il mio lavoro, ma da giovane, ho sempre sognato che un giorno sarei diventato un grande illustratore. E, proprio come per molte stelle del calcio, alla fine il mio sogno si è avverato.

Può dirci perché c’è una così grande tradizione di illustratori in Giappone e come si colloca nel panorama culturale del Paese?

In Giappone la cultura del manga è molto profonda. Durante il periodo Edo (quando le frontiere del Paese erano chiuse al mondo esterno) 300 anni fa, venivano prodotte molte opere importanti del genere Ukiyo-e. I giapponesi si sono sempre espressi attraverso il disegno e la pittura. In tempi più recenti, dopo la guerra, con l’emergere del disegnatore di manga Osamu Tezuka, il manga è diventato popolare in Giappone.
È una delle basi della nostra cultura. Per strada si possono vedere disegni sulle facciate di tutti gli edifici, su ogni cartellone, a ogni angolo. Il disegno è una parte integrante delle nostre vite.

Trova interessanti i lavori prodotti da fumettisti al di fuori del Giappone?

Quando vado all’estero, cerco di scoprire a cosa stanno lavorando gli artisti stranieri. Ci sono pochi artisti americani di cui ho apprezzato le opere, ma sento che il manga creato qui in Giappone è ancora il numero uno. Poiché ha più dettagli, esprime più idee.

Yoichi Takahashi © Jesus Rubio – Diario AS

Quante ore al giorno dedica al disegno?

Quando entro nel processo creativo, sono completamente immerso per 24 ore, da quando mi alzo a quando vado a letto.

Che cosa l’ha ispirata per creare Capitan Tsubasa?

Quando avevo 18 anni, ho visto i Mondiali in Argentina [1978] e ne sono rimasto completamente affascinato, ho amato il calcio che si è giocato lì. In Giappone era quasi del tutto sconosciuto. Volevo renderlo popolare e così ho cominciato a produrre disegni…

È stata dura far accettare e pubblicare l’opera?

Ci sono voluti circa due o tre anni per portare avanti il progetto. Ma poi è stato il mio primo lavoro.

Locandina di Captain Tsubasa Cup 2017 © Jesus Rubio – Diario AS

Come si sente ad essere colui che ha promosso e fatto sviluppare il calcio in Giappone?

Quando la serie è uscita nel 1981, non c’era un campionato professionista. È un grande onore essere stato in grado di contribuire a rendere questo sport conosciuto com’è oggi. Ora abbiamo un forte campionato in Giappone e la nazionale gioca abitualmente i Mondiali.

Che cosa la attrae nel calcio?

La libertà. Quando ero ragazzo, giocavo a baseball. Ma mi sono sempre sentito messo sotto pressione dall’allenatore, per le istruzioni che dava. Non puoi fare nulla che lui non ti abbia detto di fare. Ma nel calcio, anche se c’è l’allenatore, quando i giocatori sono in campo, sono loro che decidono dove deve andare il gioco. I giocatori devono prendere delle decisioni in prima persona. È abbastanza simile al mio lavoro. I calciatori possono essere artisti, esprimono chi sono sul campo. Questa è anche la mia filosofia. Gli illustratori e i fumettisti cercano la libertà sulla carta, i calciatori sul campo di gioco.

Quale calciatore l’ha affascinata per primo?

[Mario] Kempes, a quei mondiali. E più tardi Maradona, che ho avuto modo di veder giocare in carne e ossa. Mi ha trasmesso qualcosa di speciale, qualcosa di diverso. Facevano sempre la cosa completamente opposta a quella che ti aspettavi che facessero. Ti sorprendevano sempre, e, nel farlo, prendevano sempre la decisione giusta. È stato lui a ispirarmi a creare la storia ed è dietro il personaggio di Juan Diaz.

Come sceglie il paese in cui si svolgono le avventure?

Ora, per esempio, è la Spagna. Stanno partecipando alle Olimpiadi a Madrid. Il calcio è uno sport internazionale. Se un giocatore giapponese vuole diventare il numero uno al mondo, deve giocare fuori dal Giappone.

Statua di Taro Misaki (Katsushika, Tokyo) © Jesus Rubio – Diario AS

Guarda molto calcio?

Un bel po’… Sia allo stadio che in televisione.

Secondo Lei, dove viene giocato il calcio migliore in questo momento?

Nella Liga [ride].

Cosa ne pensa dei successi della Spagna?

Sono molto interessato allo stile calcistico della Spagna, perché gli spagnoli, rispetto a molti altri europei, non sono molto alti o forti. È lo stesso per i giapponesi. La Roja (n.d.t. la nazionale spagnola) batte le squadre più forti col suo possesso palla. Amo questo stile calcistico e mi piacerebbe che un giorno il Giappone vincesse la Coppa del Mondo giocando in questo modo.

Ho una domanda per lei – Quanto è lungo il campo nelle serie? Sembra continuare per sempre…

(ride) Non è la prima volta che mi viene fatta questa domanda. Come illustratore, quello che mi interessa è mostrare la sensazione di essere un calciatore. Quando io esprimo che cosa sta passando nella sua testa, i suoi pensieri, il campo diventa più lungo, le dimensioni smettono di essere così importanti.

Ho scelto questa strada perché sono più interessato alla dimensione drammatica, alla componente narrativa più che a creare qualcosa che somigli alla realtà.

Quando la gente guarda una partita in televisione, può immaginare che cosa potrebbe passare nella testa di un calciatore, ma non che cosa prova. Io cerco di catturare questi sentimenti – è questo che cerco di trasmettere.

Manifesto delle statue di bronzo di Captain Tsubasa (Katsushika, Tokyo) © Jesus Rubio – Diario AS

Chi sarebbe oggi Oliver Hutton nella vita reale?

Messi.

Lei è un tifoso del Barcellona?

Sì, sì…

Che cosa ricorda di quando ha visto giocare il Barça la prima volta?

La prima partita che ho visto dal vivo è stata El Clásico. Fu quando Figo si era appena trasferito al Real Madrid.

Quanto hanno dei suoi personaggi Messi e Cristiano?

(Ride). In Capitan Tsubasa c’è una rivalità tra Ozora Tsubasa e Kojiro Hyuga – sono i due migliori attaccanti. Quando c’è una così grande rivalità, è positivo per entrambi. Messi è come Ozora Tsubasa e Cristiano come Kojiro Hyuga.

Tavole del manga di Captain Tsubasa © Jesus Rubio – Diario AS

Che cosa le piace di Messi?

È basso, ma non perde mai la palla, fa girare la palla, fa passaggi incredibili, segna… Fa la differenza. Ai giapponesi piacciono questo tipo di giocatori – è piccolo, ma fa la differenza.

…e che cosa le piace di Cristiano?

La sua mentalità vincente. È molto forte mentalmente.

Ho letto che lei è anche un grande fan di Iniesta…

Mi piace perché è importante per Messi. Direi che Ozora Tsubasa è un miscuglio tra Messi e Iniesta.

Qualche giocatore del Real Madrid la ispira?

Adesso Sergio Ramos. Mi piace il suo carattere eroico che emerge in quello che fa. Non è solo un centrale difensivo. Quando la squadra ha bisogno di lui, lui c’è.

Yoichi Takahashi e il manga di Captain Tsubasa © Jesus Rubio – Diario AS

Pensavo che avrebbe detto Modric…

Sì, sì, anche Modric… Mi ha davvero divertito vederlo nell’ultimo Clásico.

Cristiano o Messi sono apparsi nella serie?

Non ancora, no.

Un giorno ci saranno?

Non penso… Ad essere onesto, in entrambi i casi quello che hanno fatto nella realtà supera di gran lunga la finzione narrativa.

Mi hanno detto che lei ha una squadra di calcio…

Sì, la Nankatsu SC, la squadra di Ozora Tsubasa è oggi la squadra del quartiere in cui sono nato. Quando vado all’estero provo un po’ di invidia perché ogni città o piccolo paese ha la sua squadra di calcio. Questo non esiste in Giappone – è per questo che ho deciso di costruire la mia squadra. Il mio sogno è vederli giocare nella J1 League un giorno, e che il quartiere abbia un grande stadio dove la gente possa andare, vicino al museo di Holly e Benji.

È più difficile gestire una squadra che disegnarla?

(Ride). Sì, è parecchio più difficile.


Credits

Fonte consultata e immagini: Diario AS (sito in inglese)